NAPOLI FILM FESTIVAL. E Una notte che sembra La battaglia di Solferino
Scelgo di andare a incontrare Justine Triet e di vedere un Antonioni d’annata all’Istituto Grenoble per il Napoli Film Festival. Alla proiezione delle 19 quindi danno La battaille de Solférino che, il titolo non vi tragga in inganno, di storico non ha nulla. E’ dell’autrice francese di cui sopra, come tante questo festival, nelle ultime edizioni senza una precisa identità, prova a portare in città. Ma Justine Triet dà forfait. Al suo posto il compagno di una vita, Arthur Harari, regista a sua volta e attore in questo caso.
Restiamo ben predisposti perché il cinema va visto più che raccontato. A qualche minuto dall’inizio succede che la proiezione salti. Le luci si riaccendono e bisogna fare qualche prova tecnica di trasmissione con il pubblico presente in sala. Quando finalmente la proiezione riparte non si può non notare che la qualità sia scadente. Chi a casa si è dotato di un buon impianto home theater riuscirà meglio di noi, stasera, a godere di un qualche spettacolo.
Per il resto abbiamo provato a vedere uno strano esperimento filmico girato per un buon 30% dal vero nella giornata del 6 maggio 2012 a Parigi in attesa del verdetto delle elezioni presidenziali. Produttivamente un abile stratagemma per reperire sul campo migliaia di comparse senza pagarle, tecnicamente complicato ma riuscito, con una rue de Solférino, sede del partito socialista, palcoscenico degli esterni giorno.
Il resto della storia si svolge in casa di Laetitia, giornalista televisiva con due bambine e un matrimonio fallito alle spalle costretta a recuperare un babysitter di fortuna per coprire la diretta dell’evento politico che vedrà François Hollande vincitore e sconfitti tutti gli altri, gli avversari politici, l’ex marito e padre delle bambine a cui viene negato il diritto di visita, l’amico avvocato che non è neanche avvocato, il tutto nel tempo di una giornata, caotica e cruenta come la celebre battaglia del titolo conclusasi con un armistizio fra ‘stati’ belligeranti che sospende le ostilità a tempo (in)determinato.
La Triet è molto brava a mischiare la cronaca alla fabula regalandoci una storia che è metafora di un Paese, che, come i due protagonisti, è isterico e spaccato in due. E, ancora peggio, è metafora di un’assenza di senso che dalla vita dei due protagonisti si allarga allo scenario politico odierno privo ormai di orizzonti.
A seguire Antonioni in dvd, e non in pellicola, arrivata da Roma in condizioni tecniche tali da non consentirne la proiezione. La nostra notte finisce così. E si va a casa con la sensazione di aver combattuto, da spettatori, la nostra piccola battaille de Solférino.
Martina Caldo