AUTISMO. Se lo Stato dimentica dei propri figli

Chi ha a cuore una persona affetta da autismo sa bene quanto possa essere difficile e doloroso prendersene cura. Lo è perché le persone con sindrome autistica, nei casi più severi, non sono capaci di interagire “normalmente” con il mondo che le circonda. Ad un occhio poco attento potrebbero sembrare poco sensibili agli stimoli esterni. E’ il contrario. Per loro tutto arriva come amplificato. E questo spesso crea grossi problemi. Non si tratta di scarsa intelligenza, le persone con autismo non sono meno intelligenti delle persone “normali”. Fatta questa piccola, ma importante premessa, quello che lascia allibiti è la totale assenza delle istituzioni nella vita di questi bambini e delle loro famiglie. Bambini, già… Quando si parla di persone con autismo, chi sa perché la mente va sempre ai bambini. E chi vi scrive non è immune da questo riflesso condizionato. Ma i bambini autistici diventano poi ragazzi autistici, e poi uomini e donne autistici. E più crescono, nell’assenza di sostegno delle istituzioni, più la vita di chi li ama diventa difficile. Anche la scuola, il più delle volte, è un problema. Certi insegnanti non hanno la voglia o il tempo per tali differenze. Il risultato è che la classe diventa un parcheggio. E, ancora, più passa il tempo più i genitori diventano anziani. Non è facile invecchiare con la consapevolezza di avere un figlio che domani non sarà capace di badare alle proprie esigenze, non è facile pensare che al di là della famiglia lo Stato non si prenderà cura di lui (o di lei). Per ogni papà e mamma di un bambino – ragazzo- adulto – autistico c’è una domanda che picchia in testa con intensità sempre maggiore: “Quando io morirò chi si prenderà cura di mio figlio?”. Noi invece ci chiediamo che Stato sia quello che si dimentica dei suoi figli più deboli.

Raffaele Nespoli

Raffaele Nespoli
Chi non conosce la verità è uno sciocco. Ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un delinquente. (Bertolt Brecht)

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