BACI PROIBITI. Vi siete baciati… e ora vi sposate!
Dal primo ottobre scorso sono stati proibiti dopo le 21 di sera i baci fra i ragazzi al di sotto dei 17 anni nel distretto indonesiano di Purwakarta (a est della capitale Giakarta).
L’editto reca la firma del Governatore Dedi Mulyadi, che nel luglio scorso si era battuto per l’oscuramento serale delle televisioni affinché i giovani in quel frattempo potessero studiare il Corano.
La disciplina emanata sembrerebbe funzionare così: al primo e al secondo episodio scoperto dai guardiani del bacio (che potremmo chiamare filofilattici, dal greco filos, bacio, più Fiulax, custode, e in questo clima persecutorio da non confondere assolutamente con i profilattici), si viene segnalati al capo del Distretto; dopo la terza segnalazione, questi può irrogare una pena speciale per i recidivi. Nel primo caso accaduto, il governatore ha ordinato ai due ragazzi di sposarsi, nonostante avessero età inferiore a quella minima prevista per legge, cioè quei già ricordati 17 anni.
Si impongono alcune riflessioni: la prima è che questa legge deve considerare il matrimonio alla stregua di una pena, in quanto la sua imposizione a titolo di sanzione deve essere ritenuta – come tutte le sanzioni – di natura alquanto afflittiva.
Se questo è vero (e cioè che il matrimonio sia una pena, un martirio, ovvero il martiro-monio) viene da chiedersi se abbiano o meno respiro lungo tutte le rivendicazioni del mondo lgbt per vedersi riconoscere il diritto a sposare l’amato bene. Conviene a coloro, i quali ne siano esenti per legge, di rivendicare un simile diritto alla pena?
Altra riflessione: qualcuno ha cambiato il colore dell’apostrofo fra le parole “T’Amo” (o più correttamente del puntino sulla “i” delle parole “Je T’aime”)? Il rosa carico di romanticismo di Cyrano sarà diventato il rosso del divieto come a un semaforo, oppure il nero del lutto o il viola che tanto porta sfiga ai lavoratori dello spettacolo?
Ma c’è di più: si configura una disparità di trattamento (giuridicamente causa di illegittimità) di fronte a quei baciatori o a quelle baciatrici di gran talento. Cantava Adriano Celentano nel 1959: “…i tuoi baci non son semplici baci, uno solo ne vale almeno tre, e per questo bambina tu mi piaci”. Insomma se uno ha la sfortuna di avere un bacio come il Rock, viene portato davanti al signor Dedi Mulyadi alla prima (e non alla terza) occasione in cui è colto in fallo? Povero Adriano, che a pensarci bene sarebbe finito al patibolo solo due anni dopo quando prese a cantare “24.000 baci”.
Non così Domenico Modugno di “Ciao bambina” che sotto la pioggia – cito a memoria – chiede solo “un bacio ancora” e poi per sempre la perderà. Nessuno può affermare senza tema di essere smentito che precedentemente i due innamorati si fossero scambiati più di un altro bacio. E poi chi conosce l’ora, prima o dopo le 21? Sappiamo solo che il vento suonava il violino, c’era l’arcobaleno, quindi era giorno. L’amore passa, come una fiaba, c’era una volta poi non c’è più e non si trovavano parole nuove nemmeno a pagarle oro, anzi argento (quello della pioggia).
Se la sarebbe cavata meglio o peggio l’Otello di Giuseppe Verdi che implora insaziabile a Desdemona: “un bacio… un bacio, ancora un bacio”? Attenzione Moro di Venezia, nel libretto dello scapestrato Arrigo Boito, anche per te i baci son tre e scatta la pena. Dimenticavo, ma a te che te frega? Non ti suicidi lo stesso sul cadavere di tua moglie, baciandola l’ultima volta per tutte?
E sì, perché noi non lo ricordiamo, ma anche in suolo italiano doveva esserci qualche regola molto ferrea se Luca Carboni con il gruppo Perturbazione canta ancora: “Non ci sorprendiamo più … dei baci in bocca a scuola vietati, la trappola di amori idealizzati”.
O forse la Repubblica italiana é sempre stata fondata sul bacio? Boh! Alcuni indizi ci sono.
«Quando leggemmo il disïato riso / esser basciato da cotanto amante, / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi basciò tutto tremante».
Poetava Padre Dante agli albori della lingua.
“Straziami, ma di baci saziami” recitavano Ugo Tognazzi, Nino Manfredi, Pamela Tiffin e Moira Orfei continuando il filone fino all’”Ultimo bacio” di Gabriele Muccino con colonna sonora di Carmen Consoli e al suo sequel “Baciami ancora”.
Ba ba baciami Piccina suonava Alberto Rabagliati e oggi ripetono in tanti giovani cantanti. E poi i Ricchi e Poveri: “Amore mio, ti bacio sulla bocca che fu la fonte del mio primo amore”. Un bacio con la lingua addirittura, la lingua di Padre Dante, l’italiano, anche se li chiamano baci alla francese! Per non parlare dei baci Perugina.
Ma soprattutto alle radici più antiche della nostra cultura sarebbe stato colpito dalle severissime pene indonesiane il grande Catullo che non si stancava di chiedere alla sua Lesbia:
“Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.”