DIEGO BARSUGLIA. Reportage dentro e fuori la Terra dei Fuochi. Tra disastri ambientali e feti deformi, cuccioli degli animali che finiscono sulle tavole di tutta Italia
Ormai tutti sappiamo cosa sta succedendo nella Terra dei Fuochi, il triangolo della morte tra Napoli e Caserta dove tonnellate di rifiuti tossici sono stati sepolti o bruciati dalla camorra. Probabilmente lo sapevamo anche prima, ma eravamo troppo deboli per dircelo, troppo immersi nel problema per gridare, se non aiuto, almeno basta. Educata com’è questa regione in particolare (ma anche l’Italia intera) ad arrendersi un po’ a tutto, docile anche alle evidenze dei fatti. Oppure troppo indifferenti per ascoltare, quando pure qualche voce si levava per raccontare questa tragedia. Ma adesso che il coperchio al vaso di Pandora è saltato, escono fuori tutti i mali della Campania, tutti i mali del Paese.
C’è un fotografo che è impegnato nell’opera di documentazione dei roghi tossici e delle loro conseguenze, sensibile al tema dell’inquinamento e dei disastri ambientali. Il suo nome è Diego Barsuglia, freelance pisano, che ha realizzato un riuscito reportage dal titolo “The Waste Land”, la terra della “monnezza”. Viaggiando all’interno di un entroterra napoletano “torturato da cumuli di rifiuti speciali, di discariche che sembrano montagne, e incendi sparsi”, Barsuglia incontra strade piene di immondizia, siti legali di smaltimento rifiuti dove si butta un po’ di tutto, coltivazioni a perdita d’occhio, e persone. Sono tutte malate.
Certo perché a Napoli e Caserta si registra il tasso di mortalità per cancro più alto d’Italia. E non sono solo statistiche, qui basta chiedere in giro. Quasi ogni famiglia ha subito un lutto a causa della “malattia”. I volti di Barsuglia ti guardano dritto in volto, preoccupati, anche quando è solo una fotografia di uno scomparso, perché qui soprattutto i morti parlano. Immagini, di individui e luoghi avvelenati, tutte accomunate da una patina plumbea, quasi come se il fumo di quegli incendi tossici avesse ingrigito ogni cosa. E poi ucciso. Anche gli animali, che si nutrono di quella vegetazione, che a sua volta si alimenta di rifiuti sepolti, sono immortalati dal fotografo. Bestie con evidenti malformazioni congenite (vedi la pecora di “The Waste Land”) o che danno alla luce feti malformati. La natura che partorisce i mostri industriali.
C’è un altro progetto, sempre di Barsuglia, legato strettamente a questo tema: è “Teratos”, embrioni deformi, frutto della contaminazione da prodotti chimici. Ma attenzione, gli animali non sono campani, provengono infatti da varie zone del paese: “In realtà – spiega il reporter- avrei voluto fotografare i feti della Terra dei Fuochi ma non ci sono riuscito perché quando ne esce uno, lo distruggono. Eliminano le prove”. “Teratos” acquisisce così valore di testimonianza ed emblema. Le immagini, estremamente crude, mostrano capre con due bocche, maiali con due teste, cani con cinque zampe e l’intestino fuori, invece che dentro. Corpi poggiati su una superficie bianca quasi asettica, che sa di morte e malattia.
Segnali che il dramma non è circoscritto alla Campania: la camorra ha radici ben piantate anche all’estero, e poi c’è lo Stato che scompare non solo al Sud e gli interessi delle case farmaceutiche (denunciate dal pentito Schiavone: “Sapete quanto costano le cure per i tumori?”) che dominano il mondo. Un atto di coscienza necessario e, si spera, rapido. Perché quando le fiaccolate dei comuni a rischio si spegneranno, e le star smetteranno di fotografarsi con i cartelli, e l’attenzione pubblica calerà, qui rimarrà la gente con le sue perdite e i suoi dolori, e potrebbero non essere più soli.
I lavori di DIEGO BARSUGLIA su http://www.diegobarsuglia.com
Giuliana Calomino