DISOCCUPAZIONE. Raggiunti i minimi storici: dramma per i giovani del Sud
La disoccupazione si è abbattuta come uno tsunami sui primi tre mesi dell’anno, portando il tasso dei senza lavoro al 13,6%, un valore mai registrato prima, almeno dal 1977, anno in cui sono partite le serie storiche dell’Istat. Passando dalle percentuali alle persone, si tratta di quasi 3,5 milioni di teste alla ricerca di un impiego. Tra loro non mancano i ragazzi, che anzi sono le prime vittime, con 739 mila under25 a spasso, per un tasso di disoccupazione che, anche in questo caso, raggiunge il suo massimo storico, toccando quota 46%. Intanto il Mezzogiorno si allontana sempre più dal resto d’Italia, tanto che nel Sud il tasso di giovani a caccia di un impiego è pari al 60,9%. Fin qui i dati definiti dagli statistici come grezzi, ovvero effettivi, che fotografano la situazione cosi com’è. Cifre giudicate allarmanti da tutti i fronti: sia da Confindustria, con il presidente Giorgio Squinzi che parla di un livello «veramente preoccupante»; sia dai sindacati. Di certo per il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, il picco toccato tra gennaio e marzo ha risentito «degli esiti riferiti al trimestre in cui il Pil è sceso dello 0,1%». Anche la quota di 15-24enni alla ricerca di posto sale al livello più alto di sempre, gli occupati scendono (-68mila in un solo mese), mentre aumenta il numero di chi resta fuori dal mercato del lavoro (+81 mila inattivi). Cifre di fronte a cui il leggero calo nel numero di disoccupati (-14 mila su marzo) non può fare molto. L’unica nota positiva sta in un’attenuazione del deterioramento. Infatti, almeno stando ai dati trimestrali, la caduta dell’occupazione perde d’intensità. Tutto il resto lancia ancora segnali di crisi, dalla crescita degli scoraggiati, che sfiorano i 2 milioni, all’aumento dei Neet, gli under30 che non studiano né lavorano, prossimi alla soglia dei 2,5 milioni. Per Poletti i dati dell’Istat sono figli di una crisi «alle spalle», che però, sottolinea, «ha ancora una coda velenosa». Ecco perché, aggiunge, «abbiamo bisogno di una ripresa molto più forte».
Valerio Esca