IL MESTIERE DI CARTA. Giaculli e la ricerca della verità
Ci sono molti libri che parlano di giornalismo, e quindi sceglierne uno di un vice-redattore capo può sembrare quasi un ricercato ossequio. Però Il mestiere di carta (Homo scrivens, pagg. 144, euro 14) di Gino Giaculli – in servizio all’ufficio centrale de Il Mattino di Napoli – non è un resoconto della prassi giornalistica, ma un romanzo-verità di un lavoro che comporta forti responsabilità. Attraverso il suo alter ego Gianluca Ogiani, Giaculli ci fa entrare nella redazione di un grande giornale napoletano, dove tutti concorrono a far luce su una vicenda poco chiara di scavi sotterranei in quello che è diventato il biglietto da visita patinato della città: il Lungomare di via Caracciolo. E con un lavoro di squadra – che l’autore rivaluta, contro gli stereotipi di un giornalismo individualista ed egocentrico, di tutti contro tutti – svela i retroscena di un pesante complotto tra malaffare e politica, tra gruppi di potere e fazioni mentre si avvicinano le elezioni per la carica di sindaco. Ogiani, cronista politico spaventato da uno scatto di carriera che dall’inchiesta sul campo lo porterebbe a stare solo al desk, cioè al computer per giornate intere a correggere e passare i pezzi dei collaboratori, ci fa vedere quanto sia ancora importante la ricerca della verità, l’umiltà e la curiosità di saper cercare laddove altri si sarebbero arresi di fronte al primo rischio o alla prima incertezza. E ci svela anche lati paradossali, quasi ridicoli di questo mestiere: come quello di chi riconosce il valore dell’informazione solo se è sotto una telecamera. Il romanzo è in sé un racconto di fantapolitica (anche se ipotizza scenari poi neanche tanto improbabili) ma si legge veloce, al ritmo dei Pink Floyd e degli altri miti di un cronista pieno di tic, ma onesto e appassionato della verità.
Ida Palisi