JFK. 50 anni dopo il mito e la leggenda di un presidente immortale
Con lui, cinquant’anni fa, è morto il sogno americano. Il 22 novembre del 1963 a Dallas, Texas, i tre colpi che sconvolsero il mondo e capovolsero per sempre la storia colpirono mortalmente John Fitzgerald Kennedy, il trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti. Probabilmente non si chiarirà mai quanti colpi furono sparati, da chi, da dove, mentre sul perché non ci sono dubbi. Kennedy in poco meno di tre anni di mandato presidenziale sfidò tutti i poteri forti dell’epoca: depotenziò la Cia, mise mano alla riforma del bureau, impedendo all’allora capo dell’Fbi, John Edgar Hoover, una gestione privatistica e spionistica della polizia federale; ordinò il ritorno in patria di oltre mille soldati dal Vietnam, dichiarandosi contrario alla guerra; evitò uno scontro nucleare con la Russia, grazie alla non invasione nell’isola di Cuba. Decise lui, sovvertendo il parere della commissione, del capo di Stato Maggiore, dei generali dell’esercito, che invece puntavano dritto ad una guerra con Fidel Castro. Parlò davanti alla nazione delle difficoltà da affrontare in futuro spingendo «per una rivoluzione energetica e dare più spazio alle energie rinnovabili». Con il fratello Robert, Procuratore generale, mirò dritto al cuore della mafia. La sua lotta per i diritti civili; grazie a Kennedy due ragazzi di colore riuscirono ad iscriversi all’università dell’Alabama. La sua amicizia con Martin Luther King. Sua moglie che incantò il mondo, maestra di bellezza ed eleganza. I suoi numerosi flirt, fino alla morte di Marilyn Monroe. Un visionario, uno statista, un uomo che aveva vizi e vezzi ma che amava la sua famiglia, un padre che voleva con coraggio guardare negli occhi i propri figli, un domani. Un domani che per Kennedy non è mai arrivato. JFK era il presidente della brava gente, il più amato di sempre, che aveva i suoi coni d’ombra, ma che in tre anni ha posto le basi per un’America ed un mondo migliore. Dopo di lui cadranno sotto il fuoco di pazzi fanatici, o di pezzi di stato, o dei servizi segreti (non lo sapremo mai con certezza) King e poi il fratello minore Bobby. In sei anni l’America perse le speranze, caddero i pilastri della lotta, di coloro che volevano realmente cambiare le cose. JFK ha lasciato un segno tatuano a fuoco nel tempo, ha sconfitto i decenni ed è diventato un mito. Il presidente della brava gente. Con lui, cinquant’anni fa, è morto il sogno americano.
Valerio Esca