LA GIOVINEZZA DELLA PROSTATA
La prostata è il filo conduttore della pellicola “Youth – La Giovinezza” del Premio Oscar Paolo Sorrentino, applaudito a Cannes ma tornato in Italia senza bottino di riconoscimenti ufficiali a parte l’osanna di molti critici. Salto di qualità internazionale per il talentoso regista partenopeo: i due protagonisti Fred e Mick (Michael Caine e Harvey Keitel) dialogano intensamente per tutti gli interminabili 119 minuti del film. Argomenti svariati, i loro: ricordi sfocati della donna amata da entrambi, ma mai andata a letto con nessuno dei due, il testamento artistico dell’uno nell’ultimo film da girare, l’apatia dell’altro chiuso nel suo ritiro dalle scene, la crisi matrimoniale dei figli coniugati fra loro e appena separati.
Tuttavia non una sola conversazione fra i due parte senza parlare delle gocce di pipì del giorno: sì, perché la prostata è un “must” per gli uomini della terza età. Ricordo nelle acque di Marina Piccola davanti all’imbarcadero della Canzone del Mare un trio di attempati signori, i quali nel risciacquarsi fra le onde azzurre di Capri, parlavano delle visite dall’urologo per il controllo della ghiandola che gioie e dolori regala ai maschi adulti. Fuggii da quel capannello marino, perché giovane ancora nei vent’anni, avvertii l’odore della vecchiaia in quelle confidenze fra sessanta-settantenni, preoccupati del tumore, del valore del PSA o di semplici attacchi infiammatori.
Dalla sala cinematografica non sono, invece, fuggito solo per curiosità estrema, perché volevo vedere dove il regista volesse arrivare. A dire il vero, sono rimasto dentro anche perché alcune scene mi hanno messo di buon umore. Certo, quando sono scorsi i titoli di coda, ho provato una sensazione molto diversa dal finale della “Grande Bellezza” che mi riempì di ammirazione. Stavolta ho solo avvertito stupore misto a attimi di divertito sorriso per alcune scene genialoidi: la direzione di un’orchestra di vacche al pascolo, l’anamnesi delle parti femminili dirette dal regista sullo stesso prato verde, lo schiaffo sonoro di una moglie al marito occhieggiante un’altra donna nel mutismo a tavola di una relazione erotica rumorosa solo nell’amplesso sotto gli alberi del bosco, i corpi sfatti nel rito termale vissuto con fede salvifica nella rigenerazione dell’aspetto, la citazione grottesca del Pibe de Oro sospeso fra grandeur e decadance, le suggestioni del passato e del futuro filtrate al cannocchiale della memoria, il cammeo di una Jane Fonda sempre di alta classe.
Qualcuno si è chiesto se il primo piano di venti secondi delle nobili natiche di Madalina Diana Ghenea, interprete di Miss Universo, valga il cliché della figlia privata d’affetto e attenzione (la bellissima Rachel Weisz) contro il padre mentalizzato esclusivamente sulla musica, il suicidio artistico e umano del regista arrivato al capolinea, la visita del direttore d’orchestra dopo dieci anni d’oblio alla moglie in stato catatonico ricoverata nella clinica veneziana, la metafora di un abbraccio fra il maestro scalatore e l’allieva sospesi nell’aria. Ma su tutto domina la prostata, quando nelle battute terminali del film, il medico dell’hotel rivela a Fred che è sano come un pesce, non ha problemi nemmeno lì dove alla sua età per gli altri (anche per il defunto amico di sempre Mick) è assolutamente normale averne. Fuori lo aspetta la Giovinezza, che il protagonista recupera solo quando torna sull’unica cosa che nella vita davvero lo aveva attratto e cioè la musica, abbandonata dopo la malattia della moglie che costituiva la fonte della sua ispirazione artistica. E dunque Fred torna a impugnare la bacchetta e dirige il concerto alla Albert Hall in onore di Elisabetta e Filippo di Inghilterra. Accetta l’incarico, più volte rigettato, quando è sicuro di essere nuovamente nella giovinezza, perché la sua prostata sta bene.
Dino Falconio