LIBRI DI TESTO. Il grande business della cultura
Uno degli effetti prodotti dalla riforma universitaria degli scorsi anni è stato quello di spezzettare ogni esame in tante “micro prove”, piccoli quiz, utili alla conquista dei crediti formativi. Senza voler polemizzare con un sistema che somministra il sapere in pillole, vale però la pena soffermarsi su uno degli effetti collaterali che questo genera. Gli studenti, ancor più che in passato, sono costretti a spendere centinaia di euro per l’acquisto di libri di testo. E chiamarli così è già un complimento. Invece che comprarne uno da 50 o 100 euro, spesso gli studenti ne devono prendere quattro o cinque da 25 o 30 euro ciascuno. Soldi che non si spendono certo con il sorriso sulle labbra, anche perché il più delle volte ci si trova alla fine con squallidi opuscolini, pardon, “parti monografiche” che al più possono servire da “zeppe” per equilibrare la pendenza del tavolo. E’ in un contesto del genere che fiorisce il lavoro di decine e decine di copisterie che, illegalmente, riproducono come delle pizze ogni testo. Spesso la specializzazione è tale che in caso di due o più possibilità di scelta, i dipendenti sono anche capaci di consigliare ai ragazzi i libri più adatti a seconda del professore. Facile banalizzare tutto con il solito “fotocopiare è un reato”, soprattutto se non si è tra chi oltre alle tasse deve spendere centinaia di euro per ciascun esame. Diciamo che nel 2013 si potrebbe mettere a disposizione dei ragazzi qualche supporto in più, magari usando internet. Certo, questo comporterebbe qualche piccolo sforzo in più per i docenti, ma in fin dei conti, se “il lavoro nobilita l’uomo” perché non offrire qualche titolo in più anche i professori?
Raffaele Nespoli