PALAZZI REALI, ORGANI GENITALI, BRIOCHES E SFOGLIATELLE!
Anish Kapoor, l’artista anglo-indiano sovente ispirato da tematiche sessuali, dallo scorso 7 giugno ha riempito con l’installazione di una vagina gigante il “dirty corner” (l’angolo osceno) di una esposizione internazionale nei giardini di Versailles, la leggendaria reggia francese voluta dal Re Sole, Luigi XIV di Borbone. Si è gridato allo scandalo perché la spudorata opera d’arte avrebbe violato la maestà del luogo.
Diciotto mesi fa, Lello Esposito, scultore napoletano noto nel mondo, espose un enorme corno rosso, tema ricorrente e tipico della sua arte, davanti alla facciata della Reggia di Caserta, voluta da Carlo III di Borbone (o meglio Carlo I di Borbone, re di Napoli). Obbrobrio, vergogna, imbarazzo e inguardabilità furono le censure più tenere che si sprecarono fino a quando l’opera non venne rimossa.
Cugini i rami dei Borboni che vollero le due regge francese e napoletana, da sempre gareggianti in splendore per le loro stanze e i loro giardini, e in definitiva cugine anche le regge stesse. Ma alla luce dei due attributi di scultura moderna che le hanno adornate, v’é da chiedersi se i due palazzi reali tuttavia non rivivano all’attualità una reciproca attrazione fra sessi diversi.
È noto che il corno, nella sua beneaugurante attitudine scaramantica, rappresenti un fallo stilizzato e come tale un simbolo di fertilità e dunque sorte seconda. Un fallo, una spada, un dardo che si va a infoderare nella vagina. E dunque delle regge cugine, quella di Caserta sarebbe il maschio e quella di Versailles la femmina, unite o, meglio, compenetrate nella loro esibita sessualità: l’arte francese che evoca il quadro dell’Origine du Monde di Gustave Coubert (1866) e l’atavica cabala napoletana che invoca nel numero 29 il padre delle creature (‘o pat d’e creature).
Fra fallo e vagina nasce la vita umana e non si comprende il perché della protesta di volgarità che han suscitato i due organi genitali davanti ai due palazzi reali. Sono simboli antichi della fecondità, della terra che accoglie il seme, dell’unione fra i due che genera la figliolanza, frutto del ventre, nella storia che si rinnova.
E alla storia hanno assistito le due regge, vedendo consumarsi tanto sesso fra le loro mura note a Madame Pompadour e Lady Hamilton, che accolsero tanti amanti nel loro seno fra quei giardini e quelle alcove. Tanto sesso che non si vede perchè due rappresentazioni di organi genitali debbano essere al loro cospetto ritenute così volgari da chiederne la rimozione.
E chi sa se la storia avesse avuto un diverso corso qualora Maria Antonietta, regina di Francia, non avesse risposto a chi le ricordava che il popolo avesse fame, anziché con la storica frase “Dategli le mie brioches” con una pasticceria presa in prestito dalla sorella Maria Carolina, regina delle Due Sicile, che vivendo a Napoli aveva maggior familiarità con le sfogliatelle ricce, da sempre ritenute la trasfigurazione gastronomica della vagina femminile. Sarebbe cambiata la storia al suono del “Dategli le mie sfogliatelle”?
PH CREDIT: bbc.com // artemagazine.it
Dino Falconio