RAPIDO 904. LA STRAGE DIMENTICATA. Intervista all’autrice Giuliana Covella
Notizie rincorse, tagliate, incollate, “ricicciate”. E’ il giornalismo 2.0 che avanza inesorabile. Talvolta, però, capita di imbattersi nel cosiddetto vecchio-giornalismo, dove la ricerca della notizia si fa sul campo (letteralmente!), utilizzando foglio e penna per fare domande, scavare, indagare alla ricerca della verità. Questo è il caso di Giuliana Covella e del suo ultimo libro di inchiesta, Rapido 904. La strage dimenticata (Graus).
Il 23 dicembre del 1984 alle 19, dal binario 11 della stazione di Piazza Garibaldi a Napoli parte il rapido per Milano. Il Natale è imminente e tutti sul treno devono raggiungere qualche parente o amico al Nord. Nella grande galleria dell’Appennino, in località Vernio, un boato fa esplodere il treno. Un attentato tragico in cui muoiono 17 persone (15 sul colpo e 2 per le ferite riportate), e 267 rimangono ferite.
Sono trascorsi 30 anni da quella strage, denominata “La strage di Natale”, e i sopravvissuti e i familiari delle vittime non hanno dimenticato.
Come si legge nel libro della Covella, i giudici condannarono il cassiere di Cosa Nostra Pippò Calò e i suoi aiutanti Guido Cercola e Franco D’Agostino insieme all’artificiere tedesco Friederich Schaidinn. Assolto il boss della camorra Misso, condannato solo per detenzione di esplosivo. Nel 2010 spunta però il nome di Totò Riina che spinge a riaprire le indagini. Secondo i magistrati la strage del Rapido 904 fu la prima riposta al maxiprocesso di Palermo collegata agli attentati degli anni ’90.
“Esiste una forza interna allo Stato, la stessa che compie le stragi, che impedisce l’accertamento della verità: lo Stato, anche in questo caso, non processerà mai se stesso”, dice l’ex giudice Ferdinando Imposimato nel libro della Covella. Abbiamo intervistato l’autrice del libro per saperne di più.
Come nasce questo libro?
Oltre un anno fa ho conosciuto la presidente dell’Associazione familiari Vittime del Rapido 904, Rosaria Manzo, alla presentazione di un mio vecchio libro. In quell’occasione ci venne l’idea di raccogliere in un volume la vicenda della strage del Rapido 904, di cui nel dicembre 2014 sarebbe caduto il trentennale.
Stragi come Bologna, Brescia, o quella dell’Italicus sono note agli Italiani. Perché questa viene definita invece “dimenticata”?
È dimenticata perché le istituzioni oggi, come all’epoca, non hanno contribuito a far luce sulla strage né hanno fatto sì, di conseguenza, che quella pagina oscura della storia italiana venisse impressa nella memoria collettiva. Basti pensare che trent’anni fa ai funerali i familiari delle vittime non vollero la presenza dello Stato.
Il processo sulla strage del Rapido 904 è stato di recente riaperto. Quali gli ultimi aggiornamenti?
Oltre alla riapertura delle indagini nel 2010 da parte della DDA di Napoli, oggi è in corso alla Corte di Assise di Firenze il processo a carico di Totò Riina, boss di Cosa Nostra, che i giudici hanno ritenuto “mandante ed esecutore materiale” della strage. Nelle ultime udienze sono state rese le testimonianze di ex mafiosi, oggi collaboratori di giustizia, che confermano la tesi dei magistrati sulla colpevolezza di Riina.
Cosa pensi della cosiddetta “trattativa Stato – mafia”?
Che è tuttora in corso, che non svanirà mai finché vi saranno collusioni tra politica e criminalità organizzata, che nessuno avrà il coraggio di denunciare. La vera mafia, quella operativa, occupa spesso poltrone istituzionali.
Il libro è stato presentato in tutto il Paese dal Nord al Sud. Quali le impressioni delle persone?
In realtà abbiamo iniziato da un mese e mezzo a fare il giro delle presentazioni. Sono reduce da Corleone, dove ho presentato il libro insieme al sindaco Lea Savona, simbolo di legalità e di lotta alla mafia proprio nella città di Riina. È stato significativo, specie per il messaggio che questo testo vuole lanciare alle nuove generazioni. Quello di non dimenticare e fare memoria delle stragi di Stato.
Enrica Buongiorno