REALITY WEDDING. Gli eccessi del matrimonio all’italiana raccontanti da Irene Alison e Stefano De Luigi
Lei è Irene Alison, direttrice del magazine devoto al fotogiornalismo Rearviewmirror; autrice del libro “My Generation”, edito da Postcart, che racconta le storie di 10 autori under 40 all’epoca del “precariato fotografico”. Giornalista, abituata a lavorare braccio a braccio con i fotografi, per diverse riviste come The Independent Magazine, L’Espresso, D – La Repubblica, XL, Marie Claire, Riders e molte altre.
Lui è Stefano De Luigi, fotografo professionista dal 1988. Pluripremiato al World Press Photo e multi vincitore di competizioni sparse per il globo, esponente dell’agenzia VII, autore di reportage, pubblicati dai maggiori magazine della terra, che ha viaggiato con le immagini attraverso il mondo dei set della pornografia internazionale, e, ancora, nell’universo del cinema alternativo, concorrente umile e soprattutto interrazziale dell’impero Hollywoodiano, oppure tra le storie tragiche e insieme commoventi del continente africano, e dentro il mondo scuro dei non vedenti.
Lei scrive, lui scatta.
Dal loro connubio professionale, è il caso qui di specificarlo, nasce “Reality Wedding”, progetto a quattro mani, premiato dal Festival International Photoreporter en Baie de Saint-Brieuc e in mostra nella Maison della rassegna fino all’11 Novembre (e che sarà pubblicato da Geo France), che scruta una tradizione secolare e ancor oggi lucrosa, particolarmente al Sud: lo sposalizio italiano.
“Il matrimonio – ha spiegato Irene Alison- si carica di significati particolari, soprattutto in Campania, dove dicono le statistiche non solo ci si sposa, ma si spende anche di più. Nonostante il colpo inferto dalla crisi all’economia, qui le nozze continuano ad essere un grande business”.
Strizzando l’occhio all’altro “Reality”, quello firmato Garrone, il servizio investiga non solo l’eccesso e il paradosso dell’evento, ma anche la sua spettacolarizzazione che mutua linguaggi ed elementi dal mondo televisivo: “Il matrimonio- continua la Alison- si è trasformato quasi in un meta evento, dove sposi spaesati dal trambusto della giornata e dall’emozione, vengono condotti dai foto e video-operatori a ripetere gesti e attimi, come l’entrata in chiesa. Oppure guardano, mentre si stanno spostando, il video del proprio matrimonio, prontamente montato e proiettato al ricevimento. Tanto che sembra di assistere ad uno spettacolo nello spettacolo, più che ad un rito, dove ogni stravaganza ed esagerazione sono giustificati in virtù di quell’occasione”.
Il mio grosso grasso matrimonio, allora? Non proprio. “Io e Stefano abbiamo cercato – ci tiene a precisare la Alison- di approcciarci nel modo più rispettoso possibile, considerata anche l’intimità della cerimonia. Il nostro non vuole essere uno sguardo giudicante. C’è il paradosso, c’è l’eccesso, certo, ma lo vogliamo guardare, non criticare. È chiaro che di fronte ad una sposa distrutta che balla a fine serata in ciabatte insieme a delle ballerine brasiliane, il riferimento al grottesco è quasi spontaneo, ma sta agli altri decidere. Non ci interessa dare risposte, ma sollevare delle questioni”.
Un discorso complesso, che ragiona sulle influenze della tivù nelle nostre vite e sulla voglia di apparire che non risparmia nessuno.
Vivere o non vivere, insomma, una vita da Auditel?
Foto © Stefano De Luigi
Info: www.festival-photoreporter.fr | www.stefanodeluigi.com | www.irenealison.it
Giuliana Calomino