SPORTIVI. Noi non siamo SuperEroi!

Li elogiamo, li sosteniamo, li vediamo compiere azioni epiche e quindi per noi sono Super Eroi! Ma così non è, in realtà. Spesso, la pressione del successo li rende vittima di attacchi di panico. Di recente, Mardy Fish, tennista statunitense, si è congedato dal tennis, scrivendo una lettera, per aiutare gli altri e per sensibilizzare il mondo dello Sport.

LA LETTERA DI MARDY FISH
Erano gli US Open del 2012, verso la fine dell’estate. Dovevo giocare un match in notturna, terzo turno contro Gilles Simon – una testa di serie più alta di me, ma io stavo giocando meglio di quanto non dicesse la mia classifica. Sentivo di poter avere delle possibilità.È una bella posizione in cui trovarsi. Le partite in notturna in uno Slam sono riservate per i migliori accoppiamenti, ma anche per i tennisti preferiti, quelli che il pubblico vuole vedere. Ed io ero uno di loro. Dopo anni passati a guardare da fuori, adesso ne facevo parte. Non stavo giocando il match di qualcun altro. Era sera agli US Open e io stavo giocando “la partita di Mardy Fish”.Questo è speciale ma anche stressante. La partita andò avanti tra alti e bassi, davvero emozionante. Mi trovai in bilico per tutto il tempo: un pugno in aria, una racchetta a terra, e la sensazione… d’ansia. Ero guidato dall’ansia. E non dimenticherò mai quando successe, il primo ed unico attacco d’ansia su un campo da tennis. Ero in vantaggio due set ad uno, eravamo 3-2 al quarto. Con la coda dell’occhio vedo l’orologio. Segna l’1:15 del mattino. E quello, per non so quale ragione, fu troppo. Quello fu il mio grilletto. La mia mente iniziò a vagare sempre più giù in quella spirale di pensieri. 1:15. Oh mio Dio. E’ così tardi. Domani starò malissimo. Dobbiamo ancora finire di giocare questa partita … e poi dovrò andare in sala stampa … dopo dovrò fare stretching e mangiare … mi sentirò malissimo dopo tutto questo. E continuò così a peggiorare fino ad un punto in cui non riuscivo più a controllarlo. Non ho idea di quello che successe dal punto di vista tennistico. Per nulla. Non ricordo niente. In qualche modo riuscii a vincere i successivi tre game, poi il set e la partita. Ma non ricordo nulla.Tutto ciò che ricordo è l’intervista post partita. Justin Gimelstob mi stava intervistando, è un buon amico. Ricordo solo di averlo guardato prima che iniziasse e di avergli detto con incredibile urgenza, “Per favore, fa presto”. Justin non aveva idea di ciò che stavo dicendo. Ma continuai a dirgli, “Per favore, fa in fretta. Per favore, fa in fretta”. Dovevo andarmene. Dovevo uscire dal campo. Quando mi successe in campo, sapevo. Niente sarebbe più stato lo stesso.

Mardy Fish

Quindi, due giorni dopo, tutto venne a capo. Eravamo in macchina, guidavamo verso il mio match successivo contro Roger e i miei pensieri erano colmi di paura. Mi succederà ancora in campo? Avrò un attacco d’ansia ancora di fronte a migliaia di persone? Avrò un attacco d’ansia mentre provo a fare il mio lavoro? Quei pensieri continuarono e non si fermavano. Continuarono ancora e ancora. Ero davvero in brutta situazione. E mia moglie continuava a guardarmi e a ripetere Non devi giocare. Non devi giocare. Non giocare. Ed io ascoltavo… ma non ascoltavo. Pensavo, Riesci ad immaginarlo? Riesci ad immaginare il fatto di non giocare questa partita? Non riuscivo a pensarci. In quel momento non riuscivo a pensare a nulla. Ma poi finalmente la ascoltai. Non devi giocare. Non devi giocare. Non giocare. E così, mi colpì. Lo ricordo così chiaramente, così potente. Oh mio Dio, pensai. Io … non lo farò. Non andrò lì fuori, con l’ansia, di fronte a 22mila persone. Non giocherò contro Roger. Non giocherò. E non giocai. Prima non giocai contro Roger. E poi, non giocai più. Mostrare debolezza, ci viene detto spesso, significa meritare la vergogna. Ma io sono qui a mostrare la mia debolezza. E non me ne vergogno. Ed infatti ho scritto tutto questo, con l’intento di mostrare la debolezza. Scrivo tutto questo per dire alle persone che essere debole è okay. Sono qui per dire alle persone che è normale. E che la forza, si può mostrare sotto molti aspetti. Parlare della tua salute mentale, vuol dire essere forti. Cercare informazioni, e aiuto e una cura, vuol dire essere forti. E prima del match più importante della tua carriera, dare priorità alla tua salute mentale, dire, Non devi giocare. Non devi giocare. Non giocare… Anche quello vuol dire essere forti.

charitystars

La storia di Mardy Fish è copiosa. Altri sportivi hanno mostrato e mostrano il loro lato umano. Federica Pellegrini ne ha sofferto in passato e ha rivelato: “L’ansia è diventata il mio guaio più grave. Temevo di rivivere le sensazioni provate in quella terribile performance (Quando si è dovuta ritirare negli 800 metri, a causa di un problema respiratorio causato proprio da un attacco di panico) anche se razionalmente sapevo che non sarebbe potuto riaccadere. Continuavo a rimuginare: «non ce la faccio, non ce la faccio!», e mi si chiudeva la gola. Quando l’ansia toccava l’apice, non riuscivo nemmeno a entrare in acqua: arrivavo ai blocchi di partenza e correvo via.

wallskd

Gianluigi Buffon invece ne è uscito e ci ha raccontato le sue sofferenze (e gioie) nel libro Numero 1, scritto con Roberto Perrone.
È un periodo che non ricordo con piacere. Mi sembrava di essere un robot che si muoveva troppo lentamente, non provavo più interesse per nulla. Non so quale sia stata la causa scatenante, so solo che è durato 6-7 mesi. Una fase difficile che non si supera in un giorno o in una settimana, ma solo grazie a un lungo percorso, una conquista quotidiana che ti porta, piano piano, ad assaporare di nuovo la vita.

PH CREDITS
MARDY FISH // THE GUARDIAN
FEDERICA PELLEGRINI // CHARITYSTARS
GIANLUIGI BUFFON // WALLSKD

 

 

 

 

Ludovica Parodi
Posso accettare di fallire, chiunque fallisce in qualcosa. Ma io non posso accettare di non tentare. (Michael Jordan)

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