MOBY TORNA CON “INNOCENTS”. Contaminata riflessione sul presente

In copertina fantasmatiche figure in bianco e maschere in foggia di teste di animali (luogo comune dello straniamento e del terrore nell’immaginario statunitense) che ci guardano opprimenti dall’alto, in cerchio: vuole infatti essere il racconto di chi è sotto il sottile assedio della contemporaneità questo Innocents (2013 – Mute Records), arrivato due anni dopo il precedente Destroyed; Moby, nato Richard Melville Hall, sceglie l’intelligibilità di un pop raffinato, caldo ma umbratile, decisamente meno sperimentale nei suoni ma di grande impatto emotivo. È Moby stesso a scrivere di avere chiuso l’album, come di consueto, da solo nella sua stanza-studio, ma la novità per il produttore-guru dell’elettronica intellettuale è che questa volta si fa affiancare dal collega Mark ‘spike’ Stent, già uomo magico per Muse, Bjork, Depeche Mode, U2, Coldplay, Massive Attack, tanto per citarne un paio. Ed il coinvolgimento di Stent è solo il primo indizio della vocazione alla coralità trasversale e sempre di altissimo profilo di questo album: Moby infatti divide le tracce di Innocents con molti artisti, cantori di volta in volta della calda rabbia e della riflessione elegante e decadente del presente, ed è eccezionale pure la presenza di colleghi maschi coinvolti nell’operazione come l’immenso Mark Lanegan (Screaming Trees, Queens of the Stone Age), il paradigmatico Wayne Coyne, spirito dei Flaming Lips; ed ancora le signore, la cantautrice canadese Cold Specks, la giamaicana Inyang Bassey, l’americana Skylar Grey che si ispira col canto a Joni Mitchell. Buon ascolto e buon pensiero.

Rosa Criscitiello

Rosa Criscitiello
Uno spettacolo si può preparare in un mese. Improvvisare, invece, richiede una vita. (Pino Caruso, Ho dei pensieri che non condivido, 2009).

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