ECCO BUIO. Il libro di una città egoista e senza speranza
Eccolo, il primo vero libro corale di Maurizio de Giovanni. I sette samurai della giustizia napoletana sono tutti all’azione, in questo nuovo capitolo dei Bastardi di Pizzofalcone: ognuno con un ruolo, ognuno a suo modo in primo piano. In una Napoli di vicoli ciechi e quartieri cupi, si muove l’ispettore Lojacono con la sua squadra di reietti, scarti di altri commissariati mandati lì dove alcuni poliziotti corrotti si erano messi a spacciare droga, marchiando a vita il luogo e i colleghi con l’epiteto di disprezzo. In Buio (Einaudi Stile libero, pagg. 320, euro 18) Lojacono non è eroe solitario ma un protagonista tra tutti, ed è meglio non aspettarsi un’evoluzione troppo netta delle sue questioni personali con la bella magistrata Laura o con l’amica locandiera Letizia, che restano aperte ancora a ulteriori possibilità. Mentre l’ispettore con l’agente Alex Di Nardo è alle prese con uno strano furto di appartamento, un piccolo di dieci anni, Edoardo Cerchia detto “Dodo” lancia un ultimo sguardo indecifrabile alla telecamera di una pinacoteca, prima di scomparire nel buio, mano nella mano con una sconosciuta. A indagare sul rapimento del bambino, nipote di un pezzo grosso dell’edilizia locale, sono soprattutto l’agente scelto Marco Aragona, ridicolo come può esserlo un Sonny Crockett di Miami Vice alla napoletana, e quell’Hulk dalla personalità bipolare che è l’assistente capo Francesco Romano, anche se la squadra si muove in parallelo, incrociando le indagini e contando sulle diverse competenze di tutti. Ma è la sensibilità a unirli, più che l’indagine, tanto che non riescono a mantenere la lucidità e a mettere insieme i pezzi, inciampando in errori di valutazione, e arrivando alla fine inghiottiti dal male oscuro di un degrado di azioni e di sentimenti che riempie di sé la storia. Manca il cadavere, e bisogna prenderlo diversamente, il libro, non aspettarsi il classico noir né inquadrarlo nel filone caro a de Giovanni, del romanzo sospeso tra giallo e sentimento. Molto lontana dalla Napoli povera ma solidale degli anni ’30, che fa da cornice ai romanzi del ciclo di Ricciardi, in questa città contemporanea l’autore vede soprattutto l’egoismo della sopravvivenza, e nella scrittura riversa la disperazione di tante storie senza pietà e senza lieto fine.
Ida Palisi