BARONI ACCADEMICI. Se in Italia se ne stanno attaccati alla poltrona
Della serie “spazio ai giovani”, anche i media italiani si sono occupati di recente della storia del piccolo Vitalii Nechayev, genio ucraino che a soli 9 anni insegna già all’università. E non meraviglia che dalle sue parti sia considerato una specie di star, tanto da meritare il Premio nazionale “Orgoglio del Paese”. La cosa che fa sorridere è che il precoce talento accademico sia stato insignito del Premio Internazionale “Giuseppe Sciacca”. Fa sorridere, non perché Vitalii non lo meriti, ma perché in Italia, notoriamente, si è considerati piccoli più o meno fino a 50 anni. Non è tanto una questione di immaturità, alla fine i “bamboccioni” sono più che altro una scusa. La verità è che nel mondo del lavoro, a cominciare da quello accademico, c’è un grande attaccamento alla poltrona. Nelle aule dei nostri atenei i professori ultrasettantenni sono frequenti quanto i fiori all’orto botanico. Senza voler addirittura arrivare a immaginare un bambino di 9 anni alla cattedra, un “bambino” di 40 anni con la certezza di un contratto sarebbe già un bel risultato. Cero, qualcuno storcerà il naso riempiendosi la bocca con parole come “saggezza”, “esperienza” e così via. Niente paura, nessuno qui vuole attaccare chi ha superato i 65 o i 70 anni, il discorso è un po’ diverso e ha a che fare con l’idea di fare spazio. I “baroni” delle università potrebbero sempre continuare a dispensare perle di saggezza accontentandosi della pensione. Vedi mai che qualche giovane prof avrebbe cos’ modo di ambire ad una stabilizzazione prima di vedere i propri figli crescere. Già, sarebbe proprio una bella cosa se anche in Italia si potesse diventare grandi prima dei 40.
Raffaele Nespoli