FAMILY STUFF. Il lavoro di Huang Qingjun racconta le famiglie cinesi e i loro oggetti.
Tutto quello che possiedi, ti dice anche quello che sei? E ancora: le cose sono davvero solo ‘cose’? È vero che anche gli oggetti hanno un’anima? Alcuni studi psicologici ritengono che da quello che accumuliamo e conserviamo è possibile sapere davvero tanto di noi. Perfino i nostri oggetti preferiti, ci parlano di ciò che ci forma, di ciò che ci nutre o delude.
Non sono solo cose che “ci servono”, non sono solo “ricordi”. A lasciarle parlare, raccontano di generazioni, di storia e di storie.
Negli ultimi dieci anni il fotografo cinese Huang Qingjun ha viaggiato in tutta la Cina, attraverso le remote comunità rurali, e ritraendo le famiglie, incontrate nel suo tragitto, con i loro averi, ordinatamente disposti all’aperto, vicino le loro case. Ha chiamato il lavoro “Family Stuff”.
La maggior parte di loro ha stoviglie, attrezzi del mestiere, un piccolo televisore, segno inconfutabile di modernizzazione. Altrie più ricche, possiedono anche una macchina, un computer o una lavatrice. Ma gli oggetti di tutti si possono facilmente contare. Quanti di noi possono dire di poter fare altrettanto?
L’Occidente ha innalzato la condizione di “possedere” a status sociale, confuso poi spesso con “levatura morale”. Chi sceglie di rifiutare l’accumulo, decide per l’esatto opposto. Non può esistere una via di mezzo nel sistema capitalistico delle enormi differenze.
Renton (Ewan McGregor) nel film Trainspotting dice:
“Scegliete la vita; scegliete un lavoro; scegliete una carriera; scegliete un maledetto televisore a schermo gigante; scegliete lavatrici, automobili, lettori CD e apriscatole elettrici; scegliete di sedervi su un divano a spappolarvi il cervello e ad annientarvi lo spirito davanti a un telequiz. E alla fine scegliete di marcire; di tirare le cuoia in un ospizio schifoso, appena un motivo d’imbarazzo per gli idioti viziati ed egoisti che avete figliato per rimpiazzarvi. Scegliete il futuro. Scegliete la vita”.
Dove per vita si intende ovviamente un’esistenza standardizzata. Fatta di cose. La riflessione di Huang Qingjun invece ci spinge più in profondità. Ci porta a vedere un’altra faccia dell’economia cinese, lontana da quella crescita atomica degli ultimi anni. L’esplosivo Big Bang orientale non ha coinvolto quelli che vivono lontani dai grattacieli. Ma il progetto di Qingjun ha il germe di un interrogativo bifronte. Sembra chiedere da una parte quanta disuguaglianza attraversa gli stessi popoli, ma dall’altra di quante cose abbiamo reale necessità per poter vivere?
Sito // www.huangqingjun.com
Giuliana Calomino