IL MELTING-POP DI STROMAE. Il ritmo contaminato del belga ruandese che fa ballare l’Europa
I più attenti ai nuovi ritmi non hanno mancato di ballare, nella primavera del 2010, “Alors on danse”, il brano che, tra trip pop, dance di scuola e soluzioni di elettronica “light”, consacrò in tutta Europa (raccogliendo entusiasmi blasonati come quello della super direttrice di Vogue Anna Wintour, l’attore Jean – Claude Van Damme e addirittura l’ex presidente francese Nicolas Sarkozy) l’allora venticinquenne cantante e producer belga-ruandese Stromae, vero nome Paul Van Haver, di Bruxelles ma di mamma fiamminga. Di “Alors on danse” ci è rimasto in testa soprattutto il ritornello, suonato col mizmar, uno strumento a fiato tipico del Maghreb e, per chi comprende il francese, le parole di quello, pastoso, di Van Haver che cantavano il disagio di una generazione verso la precarietà del lavoro, le incombenze economiche, una vita disumana e la disumanità del tempo vuoto del club, tra ritmi ipnotici e droghe con le quali dimenticare i problemi, riuscendo alla fine a recuperare, forse, il suono, di nuovo umanizzante, delle radici. Insomma, il giovane Stromae ci va giù d’impegno dall’inizio e riesce a cantare il disagio e la complessità dei suoi coetanei in tutto il continente: è pur sempre il figlio d’un padre prima assente e poi addirittura ucciso nel corso del sanguinoso genocidio in Ruanda del 1994, nell’ambito del quale, tra l’aprile ed il luglio dello stesso anno, più di 500.000 persone, prevalentemente di etnia Tutsi, vennero massacrate a colpi di machete dalle forze del governo, soprattutto di etnia Hutu, quella che i belgi scelsero di appoggiare. Le contraddizioni dell’Europa di Bruxelles sembrano dunque sintetizzarsi brillantemente nella storia personale ed artistica di Stromae, che oggi si gode, col secondo album “Racine Carrée” (radice quadrata è il significato del titolo, la soluzione delle soluzioni, che però non c’è), pubblicato lo scorso 16 agosto 2013, la vetta delle classifiche, compresa quella italiana di F.I.M.I., nell’ambito della quale il giovane produttore è primo dallo scorso 24 febbraio, scalzando addirittura “Mondovisione” di Ligabue. Traino dell’album è il bel singolo “Tous le memes”, questa settimana al quinto posto nella classifica dei singoli (sempre a cura di F.I.M.I.), sospeso tra hip hop “colto” e chanson Française (soprattutto quella di Jacques Brel, che lo stesso Stromae indica come modello) lanciato a sua volta dal clip provocatoriamente “bisex” e sapientemente danzato (ma le coreografie da strada in stile flash mob non possono non ricordare quelle dei colleghi belgi dEUS e del video di “Roses”, forse l’acme del grunge rock nord-europeo). Bella è pure “Papaoutai” (slang per “Papa où t’es?”, “Dove sei papà?”, e non c’è bisogno di aggiungere altro), oltre 125 milioni di visualizzazioni nel mondo per il clip evocativo, con Stromae stesso nei panni di un padre-manichino e nel contempo figlio di una Europa che s’impone con la finanza ma è essa stessa desolatamente orfana di padri. In Italia abbiamo conosciuto Stromae soprattutto grazie alla performance live durante la serata finale di Sanremo 2014: il belga di origini ruandesi ha regalato al pubblico del Festival la toccante e splendida “Formidable (ceci n’est pas une leçon)” (“questa non è una lezione” è il brillante sottotitolo a descrivere una potente ode alla inadeguatezza sociale, sessuale, generazionale, interpretata con perizia teatrale). Da Fazio, il giorno dopo il festival, Stromae ha invece cantato il singolone “Tous le memes”, col trucco “doppio” del video, tenendo il palco come un performer di lungo corso e scuotendo l’italica platea, anche grazie ai sottotitoli in italiano al cantato francese, che restituiscono l’esplicita guerra del sesso e dei sessi della cifra di Stromae.
Da scoprire, è il caso di dirlo, con urgenza, se non l’avete già fatto.
Rosa Criscitiello