Nei vicoli dei QUARTIERI nasce un GIGLIO
Nell’insolita location per eventi, ovvero, la Trattoria Nennella ai Quartieri Spagnoli di Napoli, si è svolta un’altrettanto singolare conferenza stampa, ideata dall’audace giornalista Gianni Valentino, per la presentazione del disco di debutto come solista del musicista, autore e neo-attore (con lo spettacolo Dignità autonome di prostituzione) Raffaele Giglio.
Tra un panzarotto con i friarielli e una pasta e patate con provola, ho conosciuto questo ragazzo, che messa da parte la sua vecchia band, i Gentlement’s Agreement, ha preso una certa consapevolezza musicale e si è lanciato in questo suo progetto. Nel 2014, folgorato da Roberto Murolo che cantava Bovio, dal suo lettore, nel buio della Casa-Giardino dei Quartieri Spagnoli, prende l’idea di approfondire e lanciarsi in una minuziosa ricerca che, dopo 2 anni, lo ha portato alla nascita di questa sua prima opera da solista, Mamma Quartieri (etichetta Full Heads, apogeo records).
Giglio ha studiato la cultura e la canzone napoletana, ha approfondito e si è completamente aperto ed abbandonato al suo flusso, si sente dalle sue parole, dalla sua passione compositiva, e con orgoglio rivendica le sue radici.
Si è documentato fino a scomodare l’ottantatreenne, saggista, poeta e scrittore Salvatore Palomba, autore di “Carmela” e “Amaro è o bbene” (interpretate da Sergio Bruni), per farsi dare lezioni di napoletano, affinché la lettura dei codici fosse precisa, e ha partorito un’opera si esistenziale, ma anche un grande atto d’amore per Napoli e la sua lingua.
Raffaele, il suo disco l’ha voluto registrare all’interno della Basilica di San Severo a Capodimonte, nel Rione Sanità, per sfruttare l’acustica eterea del posto e farsi avvolgere dalle suggestioni che evoca. Ha messo dentro tutta la napoletanità che aveva, il risultato è pregevole. Con il suo look gitano e l’accento dei quartieri, nonostante l’impervio sentiero della lingua e della cultura napoletana, riesce ad affermare la sua personalità, tra letture di Lanzetta e Patroni Griffi, respira l’aria dei vicoli, di cui si nutre. Spiega che le sue canzoni nascono dopo aver ingurgitato tantissimi dischi, libri, film (Fellini, Scola e tanti altri), denotando la vena malinconica che attraversa tutto l’album tra marcette circensi, western dub e ballad a fil di voce. Un album che sembrerebbe scritto per la colonna sonora di un film su Napoli e i suoi vicoli, animati dai tanti personaggi, che lo stesso Giglio riporta alla luce, esaltandone, vitalità, sensibilità, umanità e spirito. Con quest’album, Giglio allarga la schiera dei nuovi cantori d’autore della scuola napoletana, quella che va da Bovio a Bruni, passando per Pino Daniele e il Neapolitan Power, fino ad arrivare alle nuove leve (Foja, Tommaso Primo, etc etc). Racconta storie di femminielli e di fede, di mariuncielli e di amori rom, di Napoli che attraverso immagini calpestate, sa cogliere sfumature e letture diverse.
La prima traccia dell’album è la vivianea “Figl’ ‘e Ddio”, scritta a quattro mani con Antonio Stefanelli dei Le Loup Garou e già fuori con il video. Un omaggio ai femmenielli ed alla tolleranza tipicamente napoletana; un uomo, ma anche una donna, che si ritrova da solo/a a domandarsi: Ma Dio che pensa di me?
“‘O scippatore” è la seconda traccia che mette sulla bilancia sociale chi ruba sull’autobus e chi ruba in Parlamento; “Ammore Rom” ispirata da una storia reale tra una donna rom ed un uomo napoletano. “Nun t’allummà’” è la quarta, frutto di un racconto onirico per le strade all’alba di una Napoli deserta, silente, bellissima. “‘O bambeliello” è una rilettura attraverso gli occhi dell’artista che si sostituisco a quelli delle icone scialacquate e abbandonate nella munnezza. “T’accido Carmè!” un’emergenza dell’artista nel doversi liberare da quei nomi che ti restano attaccati addosso per sempre. Toccante “’A loro festa” che racconta quel momento del 23 dicembre nel carcere di Poggioreale quando si incontrano le famiglie dei detenuti con i loro cari reclus,i per vivere anche solo per un’ora, un momento di comunione e ricongiungimento, l’attesa di quel giorno, l’importanza di quegl’attimi. All’ottava traccia troviamo “Austino ‘o pazzo!” che proietta nello spazio, il mito del bandito motociclista che negli anni settanta spadroneggiava per le strade di Napoli. Il disco si conclude con la nona ed ultima traccia, “Saglie” è la voce di una madre che richiama il figlio a se per tenerlo lontano dal malaffare. Nei ritmi ritroviamo Nino Rota, Pino Daniele ed il son cubano, la bossanova ed il gipsy touch, un album il lingua napoletana, che sa trasmettere emozioni, visualizzare vicoli, strade, piazze e personaggi di una Napoli che è sempre stata avanti. Consapevole dell’importanza dell’esperienza pregressa con la band, Giglio oggi, da solista, con quest’album dal titolo pasoliniano, ha finalmente trovato il suo suono, la sua dimensione, il suo essere. L’artwork del disco è stato realizzato da Federica Ferrara.
Sabato 16 aprile, alle 21.00, Giglio suonerà al Cellar Theory per la presentazione ufficiale al pubblico del disco! Non perdetevelo… ne vale la pena, davvero!!!