PAN. Il Palazzo delle Arti di Napoli e la sua meravigliosa storia
C’era una volta la magnifica residenza di campagna del principe di San Severo Francesco di Sangro. Era il 1667 e si ergeva, con tutte le caratteristiche della villa-masseria del tempo, al di fuori delle mura cittadine oltre la porta di Chiaja, nella zona dell’odierna via dei Mille. Ed è ancora lì, in tutta la sua mole, ma con l’aspetto di uno splendido palazzo nobiliare urbano per le trasformazioni che ha conosciuto tal Settecento in poi. È Palazzo Carafa di Roccella, da qualche anno sede del PAN Palazzo delle Arti Napoli. L’edificio, difatti, dapprima donato dal principe di San Severo al genero Giuseppe Carafa, quindi acquistato per la somma di diecimila ducati da Ippolita Cantelmo Stuart, moglie del quinto principe di Roccella don Vincenzo Maria Carafa, dal 1717 in avanti è oggetto di grandi cambiamenti che nel tempo ne fanno una “casa palaziata”. Dapprima per mano di Luca Vecchione il quale, stretto collaboratore di Luigi Vanvitelli, su committenza dei Carafa di Roccella esegue i primi importanti interventi di ristrutturazione atti a trasformare il fabbricato in una vera e propria dimora residenziale urbana. Lavori di chiara ispirazione vanvitelliana che ne valorizzano il lungo viale di accesso (corrispondente all’attuale via Carducci) sino al portone d’ingresso con il monumentale scalone principale. Lavori che si protrassero per lungo tempo, almeno sino a metà dell’Ottocento quando fu completata la facciata in stile neoclassico con l’aggiunta di due corpi bassi destinati a botteghe, del terzo piano dell’atrio scoperto e del patio sul giardino delle delizie; insomma, con un aspetto assai simile a quello di oggi.
Una classica dimora di città per famiglia nobile a disposizione della quale si contavano oltre 45 stanze, tutte ricche di dipinti di pregio e sontuosamente arredate, distribuite su tre piani a servizio delle quali c’era anche ampi spazi all’aperto fra terrazzi, cortili e giardini che stucchi e piperno sopravvivono in toto sino alla metà del Novecento quando nuovi interventi di ristrutturazione cancellano parte del vecchio assetto e della memoria dell’edificio ma non abbastanza da impedire al viandante di immaginarne gli antichi fasti.
Sottratto alla speculazione della scellerata imprenditoria edilizia cittadina di quegli anni che voleva farne un palazzone in cemento armato, a metà degli anni Ottanta è acquisito dal Comune di Napoli che dalla fine degli anni Novanta avvia un restauro in linea con la destinazione d’uso stabilita: un centro di documentazione per le arti contemporanea, il Pan Palazzo delle Arti Napoli che, consegnato alla città nel marzo del 2005 con un inaugurazione n grande stile, sia pure fra alterne vicende, tutt’ora prosegue la sua mission di spazio civico permanente dedicato attività culturali d’impronta espositiva, laboratoriale e sperimentale.
In pratica, 6mila metri quadri di superfice completamente votati al contemporaneo dove, ogni mese, si alternano programmi di ampio respiro che, anche simultaneamente, spaziano dalla arti visive alla danza, dal teatro al cinema alla fotografia con festival, allestimenti temporanei di mostre personali e collettive, performance, installazioni, convegni e quant’altro i nuovi linguaggi artistici propongono nell’ottica di valorizzare le aspirazioni di un territorio sempre più alla ricerca di nuovi stimoli e di occasioni per proporsi all’attenzione del panorama nazionale e internazionale con il quale ama dialogare e confrontarsi.
Affidato in un primo momento al curatore francese di origine ungherese Lorand Hegyi, quindi delle tedesca Julia Draganovic per la programmazione di indirizzo artistico e all’architetto Marina Vergiani per quella di indirizzo culturale e per le attività del centro di produzione e documentazione per gli archivi del contemporaneo è ora affidato a Fabio Pascapè, funzionario del Comune di Napoli e responsabile dell’Unità di progetto Pan Palazzo delle Arti Napoli. Approdato a palazzo Roccella nell’estate del 2011 con l’incarico di rimettere in sesto una struttura in stato di abbandono perché priva di una guida artistica ma anche e soprattutto per questioni economiche legate non solo alla nefasta congiuntura di sistema che impone tagli prima che altrove ai beni culturali, Pascapè ha individuato una nuova rotta per il Palazzo delle Arti Napoli dando un’impronta manageriale nella gestione e immaginandolo come un luogo-opportunità di intersezione e confronto di pubblici con culture e sensibilità eterogenee. Una sorta di “Laboratorio civico di cittadinanza artistica” al servizio del cittadino.
Paola de Ciuceis