SHEIK YER ZAPPA. Bollani suona l’omaggio a Frank Zappa
Metti due monumenti: uno è il secondo (per ampiezza,dopo il Colosseo) anfiteatro romano dello Stivale, quel misconosciuto gioiello che è l’arena di Santa Maria Capua Vetere (edificata tra la fine del I secolo e l’inizio del II secolo d.C.), in provincia di Caserta e a mezz’ora da Napoli, dai cui giochi prese le mosse nientemeno che l’epopea di Spartaco, working class hero ante-litteram, con l’insurrezione che il gladiatore, originario della Tracia, guidò nel 73 a.C., procurando una bella quota di filo da torcere alla Repubblica Romana e al proconsole Crasso in persona, e scatenando di fatto la più impegnativa delle tre guerre servili che Roma fu chiamata ad affrontare. L’altro è invece quello costituito dal genio surreale, inincasellabile, post-contemporaneo, di Frank Vincent Zappa (Baltimora, 21 dicembre 1940 – Los Angeles, 4 dicembre 1993), il talento irriverente e vertiginosamente sperimentale che trattò la musica a tutto tondo, inventando uno stile chitarristico, componendo per orchestra, producendo, cantando liriche più vicine al dadaismo che allo standard, per quanto blasonato, della popular music.
Tra i suoni nuovi di Zappa, la concezione ritmica di Igor Stravinskij, Edgar Varèse,Olivier Messiaen, e l’eredità dei grandi bluesmen; la world music, eviscerata in tempi non sospetti (dal canto a tenore sardo alla musica classica indiana in stile dhrupad, da Ravi Shankar alla musica popolare bulgara), e gli esperimenti al Synclavier; gli omaggi alla sicilianità d’origine, provocazioni immortali come Tengo ‘na minchia tanta (Uncle Meat, 1969), e le direzioni delle sue composizioni di repertorio ad opera del genio di Pierre Boulez, il quale ebbe a dichiarare, in un’intervista a Musician Magazine del febbraio 1994, meno di due mesi dopo la scomparsa di Zappa per cancro alla prostata: «Come musicista era una figura eccezionale perché apparteneva a due mondi: quello della musica rock e quello della musica classica. Ed entrambe le tipologie del suo lavoro gli sopravviveranno». La pensa certamente come Boulez anche Stefano Bollani, sul conto dell’autore del concept album Freak Out! (1966), secondo doppio album della storia del rock (dopo Blonde on Blonde di Bob Dylan) e annoverato da Paul McCartney tra le principali fonti di ispirazione per la stesura di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band: per questa ragione il trasversale jazzista milanese unirà, col suo pianoforte, monumento a monumento e presenterà, il prossimo venerdì 17 luglio alle 21 (Info allo 0823 1831093 , prevendite Go2), il suo nuovo progetto Sheik Yer Zappa con un concerto - organizzato da Men at Work in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Campania, Arte’m e AmicoBio – nel cui biglietto d’ingresso (22 euro inclusa prevendita) sarà compresa anche la visita all’Anfiteatro Campano (o Capuano). Sheik Yer Zappa è il titolo del trentesimo album in carriera di Stefano Bollani, pubblicato lo scorso ottobre 2014 per Decca Black/Universal Music Italia. Il titolo è un divertente riferimento a Sheik Yerbouti, il disco più venduto di Zappa, uscito nel marzo del 1979 e vincitore di un Grammy Awards. Bollani prende le composizioni zappiane come spunto per improvvisare, per andare in un’altra direzione: Zappa reloaded, insomma, verso nuovi approdi, sempre nel segno del relativismo e dell’assoluta repulsione per ogni sorta di distinzione tra le musiche “alte” ed il mainstream.
Il disco è frutto di una serie di concerti tenuti nel 2011: sono tutti brani di Frank Zappa, tranne “Male Male” scritto da Bollani e “Bene Bene” che il pianista firma insieme al vibrafonista Jason Adasiewicz. In scaletta personali rivisitazioni di Cosmik Debris, Bobby Brown Goes Down, Eat that Question e Peaches en Regalia. Ad accompagnare on stage Bollani (piano e voce) la sua nuova formazione che comprende oltre a Jason Adasiewicz (vibrafono), Paul Santner al contrabbasso e Jim Black alla batteria. «Il progetto mutua il nome da un grande disco del 1979, Sheik Yerbuti – ci dice Bollani – nel quale, come suo solito, Zappa se la prendeva con buona parte del mercato pop di quegli anni. Zappa, adesso, finisce egli stesso in un tritacarne, dove lo tratto come un “classico”. Ma un classico vivo, necessario.»
Rosa Criscitiello